Percepire i suoni, ascoltare la musica. Il grande equivoco dell'alta fedeltà

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    “E' cognizione mia personale, invece, che la quasi totalità delle volte un brano musicale ascoltato in macchina con un'autoradio del piffero riesca a coinvolgermi assai di più che in un ascolto casalingo iperrealista.”

    “Il problema è esattamente la riproduzione dei suoni cioè di un evento gia' accaduto, colà non ci sono le nostre orecchie-cervello-occhi che assemblano tutta la realta' come un "unicum"
    inespugnabile......ma c'è il microfono....o addirittura piu' microfoni ( ma si puo' fare una cosa piu' stupida) e poi le manipolazioni sull'acquisito.....ma la questione è cosa accade quando si riproduce
    Quando si riproduce accade il fenomeno del mascheramento, la quale maledizione disarticola la congruenza del suono. Il microfono prende tutto anche le fonti di suono riflesso che lui
    registra e assomma in un vortice di punti di partenze refratte che incasinano il nostro cervello che cerca di rintracciare il codice congruente ma non lo trova.....e l'inseguimento della vera
    traccia è estenuante....la si rincorre ma non la prendi.... non la puoi prendere....come un ubriaco non sai chi dei due o tre è quello buono.
    Poi siccome ti vuoi male ti metti a riprodurre in un ambiente dove tutto diventa un'altra moltitudine di sorgenti di suono......ma cosa ci puo' capire di congruente il povero cervello che riceve 150.000 nuove fonti che partono ognuna col suo nanosecondo....microsecondo di ritardo a disturbare quello che era partito prima.....un massacro....ma non dovevamo ascoltare musica?”


    Prendo come spunto questi due passaggi il primo di Daniele (Audiodan) e il secondo di Giovanni (Bigtube), a mio avviso emblematici, di un qualcosa che inizia pian piano a prendere consapevolezza. Ciò che dirò non scaturisce certamente da dotte cognizioni professionali (che non possiedo) ma solo dettato ,come tutti noi, dalla passione per la Musica e la sua riproduzione ma soprattutto da svariati anni di “pratica” sul campo, da innumerevoli ascolti di “sterei” propri e di amici, da innumerevoli cambi ed ascolti di ampli, casse, pre etc. etc. sempre alla ricerca del “suono” migliore , dell’ ampli, cavo o quant’altro che avrebbe dovuto portare al “SUONO” perfetto.
    La riproduzione domestica di un evento musicale ad oggi fa “ soffrire” tanti appassionati a livello planetario perché è qualcosa che percepiamo come innaturale anche negli impianti da ennemila euro e la ricerca del componente perfetto è destinata ad accrescere la nostra frustrazione in quanto questo NON è il problema o meglio in una ipotetica scala di importanza siamo su un ordine di grandezza di gran lunga inferiore a quanto l’ambiente può “devastare” il messaggio da riprodurre (non è la scoperta dell’acqua calda …).
    Una delle poche esperienze altamente ripetibili, constatabili da chiunque e statisticamente incontrovertibile, è quello che capita a noi poveri audiofili quando ascoltiamo lo stesso CD attraverso lo “stereo” di casa, in macchina oppure in cuffia senza contare la triste (o sorprendente) esperienza di cambiare stanza o quando addirittura si trasloca: si passa da esperienze di ascolto completamente diverse sino a raggiungere l’annullamento dell’ambiente quando siamo costretti ad ascoltare in cuffia. Sfido chiunque a dire che l’ascolto in cuffia sia naturale e prospetticamente appagante, magari corretto timbricamente e con una coerenza e micro dettaglio che i migliori diffusori si sognano, ma personalmente, dopo un’ora devo smettere di ascoltare.
    Questo per dire quanto sia importante la componente ambientale nel riprodurre qualcosa che abbia una parvenza di riproduzione credibile.
    Occorre attuare una rivoluzione Copernicana nell’ integrazione impianto-ambiente: ora siamo abituati a pensare che il diffusore possa dominare l’ambiente ma purtroppo l’esempio dello stesso impianto in altra stanza stà a dimostrare il contrario.
    Potrei sbagliarmi ma non vedo studi o proposte commerciali che abbiano affrontato il problema del trattamento ambientale atto a minimizzare il problema indicato da Bigtube, se non i canonici trattamenti ( traps, assorbitori, diffrattori etc) peraltro indispensabili per alcuni ambienti ma non risolutivi (per la mia esperienza e per quanto riferito da altri) per lo specifico problema del mascheramento.
    L’unico che abbia affrontato il problema con approccio diverso mi pare di intuire che sia stato l’Ing. Russo ma la pochissima e criptica documentazione non chiarisce (almeno per me) le innovative idee.
    Anche l’approccio con il DRC (DIRAC), personalmente non mi ha entusiasmato, sicuramente migliorativo in altri parametri ma non nell’ ambienza.

    Se qualcuno ha dei link interessanti sull’argomento pregherei di indicarli.
    Ultima modifica di aletas : 15-06-2015 a 23:26
    Alessandro

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