Un lavoro interessante

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  1. #11
    Moderatore L'avatar di SM63
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    Argomento interessante ...peccano non riesco ad accedere al link ...

    Una personale considerazione ...per quanto puo risultare strano ...l'universo sarebbe profondamente buio ...nonostante miliardi di soli e galassie ...la luce non esiste senza un cervello a decodificare quella l'unghezza d'onda ...meditiamo su questo ...

  2. #12
    pebibyte L'avatar di marcoc1712
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    Originariamente inviato da SM63
    Argomento interessante ...peccano non riesco ad accedere al link ...
    Eccolo in chiaro: "http://fisicaondemusica.unimore.it/Effetti_e_illusioni_acustiche.html"

    Originariamente inviato da SM63
    Una personale considerazione ...per quanto può risultare strano ...l'universo sarebbe profondamente buio ...nonostante miliardi di soli e galassie ...la luce non esiste senza un cervello a decodificare quella l'unghezza d'onda ...meditiamo su questo ...
    Parzialmente vero, la luce esiste come fenomeno fisico e può essere registrata come radiazione ad una precisa lunghezza d'onda anche da un non vedente. L' unicità semmai è nel come il sistema occhio - cervello - mente la interpreta e rende la 'realtà' illuminata, ma non è specifico di un individuo e nemmeno di una specie.

    In altre parole, noi non possiamo sapere con precisione come un pipistrello 'percepisce' gli ultrasuoni, ma sappiamo che esistono, possiamo misurarli ed addirittura studiare come sono prodotti e descrivere in un modello matematico come il pipistrello li usa per 'percepire' il mondo intorno a lui, quindi possiamo con certezza dire che esistono, pur non percependoli come fa un pipistrello.
    Ciao, Marco.

    "Any intelligent fool can make things bigger, more complex, and more violent. It takes a touch of genius -- and a lot of courage -- to move in the opposite direction."
    — E. F. Schumacher (mis-attributed to A. Einstein)
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  3. #13
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    Avrei voluto partecipare prima alla discussione, ma al di là della bella e fluente dialettica di Marco e dei commenti pertinenti che sono seguiti, gli argomenti e le domande poste, non sono affatto semplici o banali. Confesso che alcune ho dovute rileggerle per capire a fondo quanto significato.
    Ovviamente il limite di un forum è anche quello di imporre una "dinamica" abbastanza sveglia, pur con i tempi di ognuno, che poco si addicono a temi "riflessivi".
    L'aspetto psicoacustico della percezione dei suoni è, a mio avviso, ancora poco studiato ( i motivi posso immaginarli) dalle strutture competenti e, a parte poche eccezioni come quella riportate nel link, soprattutto poco multidisciplinari, io immagino un team costituito da (i primi che mi vengono in mente) fisici, musicisti, fisiologi, neurofisiologi. A chi interessa metter su una ricerca del genere? Praticamente a nessuno tranne a noi audiofili ché la conoscenza di tali fenomeni sarebbe collegata alla "riproduzione verosimile" di un evento sonoro.
    Le ricerche fatte comunque qualcosa hanno apportato (es effetto Haas e il mascheramento che ha permesso la codifica di compressione tipo mp3 se non vado errato) ma ben poca cosa rispetto all'universo Suono come noi lo vorremmo. E si, perché se si discute ancora tanto è ovvio che alla base di questa ricerca "spasmodica" verso un ideale, vi è una realtà "riproduttiva" dell'evento sonoro ancora molto carente, insoddisfacente. Mentre per i musicisti non ha importanza il mezzo ché basta l'altoparlante del grammofono del nonno affinché la loro mente possa trasformare l'input del grammofono nella Filarmonica di Berlino, per noi audiofili alla ricerca del "sacro graal" questo non basta. Il problema è che questo tipo di atteggiamento è foriero di grossi "guai" leggi comportamenti compulsivi nello staccare assegni alla ricerca dell'amplificatore ideale, del cavo giusto etc. come ben sanno i più furbi operatori del settore esperti più in psicologia e marketing che in acustica.
    Fondamentalmente il se dicente audiofilo ignora i meccanismi che sono alla base del suono arrogandosi come unica condizione il raffronto con il famigerato evento dal vivo che , per carità è importantissimo ma a mio avviso non sufficiente e i link riportati da Marco nel primo post sono lì a dimostrarlo.
    Il nostro giudizio se non segue una metodologia standardizzata, è destinato ad essere fallace e condizionabile da una miriade di fattori: occorre riformulare la scienza della Acustica in Psicoacustica intendendo con questo di inserire nel contesto della fisica anche l'uomo con i suoi sensi e la sua mente e l'audiofilo, che aspira ad essere tale, dovrebbe avere l'umiltà di "educare" la mente ed in questo non posso che condividere l'invito di Marco ad una educazione all'ascolto. Non fraintendetemi: per ascoltare la Musica non è necessario essere audiofili ma solo musicofili e allora rilassiamoci e godiamo con i nostri imperfetti impianti, di Mahler, Chopin o delle stupende esecuzioni di pianoforte di Roberto Prosseda mio concittadino,oramai maestro di fama internazionale che mi onoro di conoscere.
    Dal coacervo di riflessioni mi vengono in mente ulteriori domande:
    - possibile che nell'anno di grazia 2015 DC ancora (nel nostro ambito) è possibile dire tutto e il contrario di tutto creando una situazione che al confronto la famosa torre di Babele era un modello di ordine? Mi riferisco a chi detiene i canali di informazione e dovrebbe fornire una informazione deontologicamente corretta.
    - possibile che ancora non si riesca a modellizzare un credibile e verosimile campo sonoro da riprodurre in ambiente domestico?
    - possibile che stiamo ancora a discutere se servono le misure?
    Per il momento è tutto ( e meno male dirà qualcuno!!)
    Alessandro

  4. #14
    tebibyte L'avatar di UnixMan
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    Originariamente inviato da marcoc1712
    Secondo me l'inghippo è qui: non stiamo parlando della gioconda e delle sue qualità artistiche (in quanto audiofili) ma della valutazione della capacità di diversi sistemi di riproduzione fotostatica di restituirne più o meno fedelmente le caratteristiche 'fisiche' ed 'emozionali'.
    Perfettamente d'accordo.

    Il problema però è capire e definire quali siano tali caratteristiche, nonché il senso da dare al termine "fedelmente".

    Provo a spiegarmi. Un sistema di riproduzione audio non può materialmente ricreare qualcosa di veramente "uguale" (e neanche di troppo simile) all'evento acustico originale. La più "perfetta" delle riproduzioni di cui possiamo essere capaci in realtà non è che un pallido simulacro dell'originale, fondamentalmente diverso da questo sotto moltissimi punti di vista.

    Per fare un paragone visivo, è come la differenza tra osservare direttamente un panorama e guardare una stampa su carta di una fotografia dello stesso. Evidentemente, non è né potrà mai essere la stessa cosa...

    Di conseguenza bisogna innanzitutto rendersi conto di una cosa, che sicuramente farà storcere il naso a molti: la "riproduzione" audio non è affatto una "riproduzione". Tutt'altro.

    Si tratta piuttosto di una illusione, un inganno. Un po' come il cinema: davanti a noi non c'è nulla che si muova né tanto meno alcun oggetto fisico, è solo un gioco di luci ed ombre immobili che si susseguono su uno schermo piatto. Però riesce ad ingannare i nostri sensi quanto basta per poterci godere la visione di un buon film.

    Pertanto, poiché tutto ciò che i sistemi di cui disponiamo possono produrre non è che una "immagine" parziale ed alterata della realtà, intrinsecamente, inevitabilmente e profondamente "distorta", il sistema di riproduzione "migliore" non è necessariamente (anzi, è molto poco probabile che sia) quello che riproduce il più esattamente possibile il segnale elettrico catturato da un microfono, dato che già questo è niente altro che una immagine parziale ed alterata della realtà acustica che ha registrato.

    Senza contare che la stessa, inevitabile presenza di un ambiente "alieno" -quello di ascolto- in cui avviene la riproduzione introduce ulteriori elementi estranei che contribuiscono a rendere ancora più confuso ed incongruente il "messaggio acustico" che il cervello si trova a dover decodificare ed interpretare.

    Per non parlare poi di quello che accade nella quasi totalità delle registrazioni che abbiamo a disposizione, in cui i segnali registrati da "n" microfoni vengono elaborati, messi insieme e poi ancora elaborati in modi del tutto arbitrari, al punto che i segnali contenuti nei nostri dischi e nei nostri files musicali non hanno praticamente più nulla a che vedere con alcun evento acustico che sia mai esistito realmente, ma sono già di per sé un falso, un evento virtuale, totalmente artificiale ed artefatto. Che ben difficilmente potrà ingannare efficacemente il nostro cervello ed essere da questo riconosciuto come qualcosa di naturale e reale, se non per quanto consentito dall'abilità e dalla sensibilità personale del fonico che lo ha realizzato (posto di essere nelle medesime condizioni di ascolto che ha utilizzato lui per il monitoraggio durante il mastering...).

    Quale sarebbe quindi, idealmente, il sistema di produzione+riproduzione migliore, se potrebbe non essere affatto quello più "fedele" al segnale registrato dai microfoni? Ovviamente, quello che inganna meglio i nostri sensi. Ma cosa significa questo, in pratica? Di fatto, non lo sappiamo. E qui sta il problema.

    Come si fa a progettare una qualsiasi cosa se non si sa neanche bene che cosa si vuole ottenere? Non posso certo andare da un ingegnere e dirgli semplicemente: "costruiscimi il miglior motore del mondo!". Una cosa del genere non esiste e non può esistere: cosa è "migliore" dipende dal contesto, da cosa ci devo fare, da quali caratteristiche mi servono. Il miglior motore del mondo per spingere un autotreno è (e deve essere) completamente diverso dal miglior motore del mondo per un'auto da F1 e viceversa.

    Eppure, se ci pensate questo è esattamente ciò che viene chiesto di fare ai progettisti di sistemi audio. Noi vogliamo (vorremmo...) un sistema di riproduzione quanto più possibile "perfetto" (cioè quello che inganna al meglio i nostri sensi), ma in realtà non sappiamo affatto come dovrebbe essere fatto e come dovrebbe funzionare un sistema siffatto!

    Evidentemente, quindi, per prima cosa dovremmo capire esattamente che cosa ci serve, cosa dobbiamo ottenere. Solo a questo punto si può provare a capire come fare per riuscirci.

    Altrimenti continueremo a chiedere agli ingegneri di progettarci un "motore perfetto" senza sapere se questo ci serve per far correre una F1 o tirare un treno... ed i risultati non potranno che essere insoddisfacenti.

    Per cui senza dubbio uno dei primi problemi da affrontare sarebbe proprio quello di "oggettivizzare" e quantificare le nostre percezioni soggettive, per capire cosa ci serve veramente. Cosa che ovviamente è possibile solo su basi statistiche, con tutti i limiti del caso. Purtroppo esiste anche il rischio che un sistema che soddisfi alla perfezione i requisiti così stabiliti alla fine non soddisfi veramente a pieno nessuno... (ma in tal caso saremmo ad un punto morto: se così fosse in sostanza vorrebbe dire che il problema non ammette soluzioni).

    Originariamente inviato da marcoc1712
    Sono a mio avviso due fatti e la relazione tra loro è la seguente:

    a. il mercato 'di massa' non è fatto di musicisti e/o audiofili.

    b. musicisti ed audiofili non hanno un 'ruolo guida' nel definire ed influenzare i gusti - e quindi i comportamenti di acquisto - del mercato di massa,
    Soprattutto il primo punto, direi.

    Purtroppo sarebbe a dir poco velleitario pretendere che il mercato dell'audio di massa possa essere "guidato" dalle esigenze degli audiofili, tanto più che queste sono per lo più inconciliabili con quelle del consumatore medio.

    Tanto per fare un esempio banale, da quando esistono i sistemi di riproduzione domestica, vuoi per ignoranza delle relative problematiche vuoi per motivi pratici più che comprensibili (e talvolta obbiettivamente insormontabili), a parte gli audiofili (e neanche tutti...) praticamente nessuno si è mai preoccupato di adattare l'ambiente di riproduzione all'impianto audio e di curarne il corretto posizionamento come necessario, ma casomai si è sempre preteso che fosse il contrario (cosa ovviamente impossibile). Con il risultato di penalizzare irrimediabilmente le prestazioni anche del migliore dei sistemi.

    Oggi, da un sistema audio i consumatori di massa tipicamente vogliono per prima cosa che sia il più piccolo possibile, gradevole esteticamente, si intoni con l'arredamento (o meglio ancora che sia del tutto "invisibile"), che abbia il minor numero possibile di parti e connessioni, sia facile e comodo da usare, ecc. Che "si senta bene" (cioè, che non gracchi come un vecchio grammofono...) di solito lo danno per scontato a prescindere. Neanche si pongono il problema: nelle convinzioni comuni, nel XXI secolo l'audio non può essere meno che perfetto (al massimo molti vorrebbero "tanti bassi", ovviamente stile discoteca... una delle poche cose che notano).

    D'altro canto, la vera qualità di riproduzione è qualcosa di completamente sconosciuto ai più. La massa non sa neanche cosa sia. E certo non per caso: tolti i pochi che suonano uno strumento acustico e/o sono appassionati di musica classica e frequentano le sale da concerto, in genere non hanno mai sentito in vita loro della musica che non fosse (ri)prodotta da un qualche sistema di altoparlanti, spesso di pessima qualità. Per cui mancano anche di qualsiasi riferimento e metro di giudizio.

    Originariamente inviato da marcoc1712
    Ma il senso 'vero' della frase è che è possibile "allinearci al meglio con il comportamento del mondo reale del sistema uditivo umano" il che presuppone che sia possibile conoscere "il comportamento del sistema uditivo umano" inteso come astrazione, generalizzazione dei miliardi di diversi e singoli apparati uditivi 'reali'.

    Bada bene che usa il termine 'sistema' che implica un comportamento ripetibile e prevedibile.
    e qui casca l'asino... perché il "sistema-uomo" risponde agli stimoli esterni in modo sostanzialmente imprevedibile ed irripetibile (nei termini della teoria dei sistemi, abbiamo a che fare con un sistema non-invariante).

    Al più potremmo trovare un modello che descriva più o meno affidabilmente un "massimo comune denominatore" su basi statistiche. Che, come accennavo prima, non è neanche certo che dia risultati troppo soddisfacenti.

    Non di meno è senza dubbio ragionevole presumere che dovrebbe portare a risultati nettamente migliori del modello totalmente astratto -e del tutto infondato- che di fatto si è (quasi sempre) implicitamente utilizzato fino ad oggi. In cui in sostanza si considera l'ascoltatore umano alla stregua di un semplice oscilloscopio o analizzatore di spettro. Nulla di più falso e lontano dalla realtà...

    Originariamente inviato da marcoc1712
    Se per misurabile intendi come effetto fisico indipendente dal cervello umano, credo che gli esempi riportati rendano evidente che sia così: Es. Gli strumenti rilevano solo 2 note, non c'è traccia 'fisica' della terza a 48 Hz, che tra le altre cose i 'normali' altoparlanti da PC non riescono a riprodurre, ma tu la senti.
    tutto ciò fa parte della "risposta del sistema" (il sistema percettivo umano), che è molto più complesso di un oscilloscopio o di un analizzatore di spettro. E soprattutto funziona in modo completamente diverso da questi semplici strumenti.

    Per questo le misure (elettriche e/o acustiche) sono del tutto prive di qualsiasi senso se le si vuole interpretare al di la di ciò che rappresentano, cioè se da esse si vogliono inferire conseguenze sul piano percettivo senza passare per un modello della percezione umana che eventualmente le possa in qualche modo "correlare" a questa.

    Sebbene tipicamente siano convinti dell'esatto contrario, i cosiddetti "misuroni"/"tecnicisti", quelli che pretendono di poter valutare la qualità percepita di un sistema di riproduzione audio sulla base di misure elettriche e/o acustiche (sebbene non dispongano di alcun modello percettivo che correli in modo attendibile tali misure alla percezione umana), hanno in realtà un approccio che è completamente antiscientifico.

    Ma di solito è pressoché impossibile farglielo capire...

    Basti pensare a come ancora oggi si continui a dare peso al valore della THD, quando già negli anni '50 ci si era accorti -ed in seguito sia stato più volte dimostrato scientificamente ed inequivocabilmente- che questa non ha praticamente nessuna correlazione con la qualità percepita da un ascoltatore umano, il che ne fa un parametro del tutto inutile ed irrilevante...

    Originariamente inviato da marcoc1712
    Sulla base di questa conoscenza, che diventa postulato, è possibile indagare e spiegare altri ed ulteriori fenomeni.
    [...]
    Aggiungo che, dato che è impossibile dimostrare la falsità di una percezione soggettiva, occorre che siano considerate false (non vere) fino a prova contraria le percezioni non positivamente poste al vaglio di tale metodo statistico di accertamento.
    esatto. E qui invece casca l'asino dei "soggettivisti puri".

    Originariamente inviato da marcoc1712
    Così funziona il resto del mondo, ma non l'audiofilia, secondo me varrebbe la pena di fare uno sforzo e cercare di cambiare, nel nostro piccolo.
    purtroppo, dal punto di vista pratico non è che noi si possa fare poi molto. Ricerche serie in questo campo comportano difficoltà, tempi ed investimenti immensamente superiori a quelli che possono mettere in campo le minuscole realtà economiche legate alla nicchia audiofila, e men che meno dei semplici appassionati. Per fortuna, però, anche senza il nostro contributo la percezione viene comunque studiata e ci sono continuamente piccoli ma costanti progressi.

    Sarebbe quindi ora che si cominci ad applicare sistematicamente almeno quanto è già noto.

    Diffondere la consapevolezza di queste problematiche sarebbe già un gran bel passo avanti verso un possibile progresso sostanziale.

    Così come lo sarebbe smettere di dividersi stupidamente in fazioni (ciascuna delle quali continua a seguire la propria strada sbagliata alimentando una parte del mercato, i cui attori ovviamente si guardano bene dall'abbandonare la propria gallina dalle uova d'oro e quindi "legano l'asino dove il padrone vuole") e cominciare a chiedere che si cominci a procedere nella direzione giusta con i metodi adatti, almeno per quanto attualmente possibile.
    Ultima modifica di UnixMan : 13-06-2015 a 19:24
    Ciao, Paolo.

    «Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela per uno. Ma se tu hai un'idea, ed io ho un'idea, e ce le scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee.»

  5. #15
    pebibyte L'avatar di marcoc1712
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    Paolo, non ti quoto fisicamente ma è come se.


    La metafora del panorama e della foto è a mio avviso parzialmente inquinata dal 'potenziale' contenuto artistico/creativo introdotta dal fotografo, a mio avviso nella realizzazione di impianti di riproduzione questo va evitato, per questo preferisco il paragone con la copia fotostatica di un'opera d'arte, che è un fatto tecnico, non creativo, al netto di questo concordo pienamente.

    Penso ci sia sostanziale accordo sul fatto che

    a. l'obiettivo di un sistema di riproduzione non sia la riproduzione 'fedele' dei fenomeni elettrici registrati dai microfoni

    b. che è irrealistico richiedergli la 'perfetta' ricreazione dell'evento reale, non ne ha i mezzi, può solo riprodurlo come illusione 'immateriale', al meglio delle potenzialità tecniche della stereofonia, acustiche dell'ambiente 'ospite' e percettive della platea dei fruitori.

    c. che il 'target' della riproduzione (la platea dei fruitori, piuttosto che l'universo dei potenziali clienti) risponde agli stimoli come un sistema non invariante.

    d. che quanto al punto d non sia limitato alla riproduzione elettroacustica ma si estenda a tutto il campo della percezione sensoriale. In altre parole, che analoga varianza di reazione agli stimoli si riscontra nella stessa platea sia ascoltando una riproduzione stereofonica, l'audio di un film al cinema e pure musica dal vivo a teatro. Allo stesso modo di come la si registra facendo assaggiare lo stesso vino, annusare la stessa essenza, vedere la stessa immagine,... a diversi individui.

    Accettando questi presupposti, diventa ovvio che che la valutazione non procede per confronto (tra l'altro impossibile) tra fatto e sua riproduzione, ma dalla corrispondenza simbolica tra le descrizioni soggettive dell'evento ricostruito per come percepito, il che aggiunge una variabile fondamentale: la capacità della platea dei fruitori di usare un insieme di simboli (linguaggio) comune e condiviso atto a significare quanto percepito. Quest'ultimo aspetto è tipicamente e genuinamente culturale, non fisiologico, ma in sua assenza è impossibile stabilire l'eventuale identità di percezione.

    Quello che è altrettanto ovvio e mi stupisce non si renda evidente di per se, è che non c'è nulla di 'metodologicamente' diverso nel descrivere una sensazione generata da un suono piuttosto che da un gusto, un'immagine o un profumo, se quindi esistono criteri di valutazione 'oggettiva' delle qualità di un vino o di un profumo, pur ammettendo che non siano universalmente percepite allo stesso modo e nello stesso grado, perché non hanno la stessa dignità di essere per i suoni riprodotti?

    Il fatto che enologi e 'nasi' riescano a riprodurre in tempi diversi uno specifico vino o un profumo (mai identici, sia chiaro, ma universalmente riconoscibili come quel vino o quel profumo) dovrebbe per analogia consentire la 'ricostruzione' di un suono di riferimento (mai identico, ma almeno tendente a) che venga riconosciuto come tale.

    Credo che il problema stia nell'accettare l'approssimazione insita in qualsiasi linguaggio, il che comporta anche che, nel caso la propria personale percezione non corrisponda in pieno alla descrizione universalmente adottata, sia preferibile accettarla e farla propria piuttosto che 'forzare' il linguaggio al fine di rendere differenze percepite ma non descrivibili nei limiti dell'uso condiviso dei simboli disponibili.

    Non sono sicuro di aver reso il mio pensiero...
    Ciao, Marco.

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  6. #16
    tebibyte L'avatar di UnixMan
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    In generale direi che abbiamo una identità di vedute sorprendente.

    L'unica questione su cui resta qualcosa da chiarire è questa:

    Originariamente inviato da marcoc1712
    La metafora del panorama e della foto è a mio avviso parzialmente inquinata dal 'potenziale' contenuto artistico/creativo introdotta dal fotografo, a mio avviso nella realizzazione di impianti di riproduzione questo va evitato, per questo preferisco il paragone con la copia fotostatica di un'opera d'arte, che è un fatto tecnico, non creativo, al netto di questo concordo pienamente.
    Con la metafora della foto intendevo sottolineare la differenza -enorme- che corre (intrinsecamente ed inevitabilmente) tra "l'originale" e la sua "riproduzione".

    La metafora della "copia fotostatica" a mio avviso non rende abbastanza l'idea, perché in quel caso l'originale e la sua riproduzione sono oggetti che hanno molte caratteristiche comuni e che possono essere fisicamente molto simili tra loro, al punto da poter essere addirittura praticamente indistinguibili. Pensa ad un originale costituito da un documento prodotto da una stampante laser: se la fotocopiatrice funziona bene e non introduce difetti evidenti, distinguere una copia "di prima generazione" dal suo originale è pressoché impossibile!

    Lo stesso non può certo dirsi per l'audio. Nel caso di un evento acustico e della sua "riproduzione" attraverso un sistema di altoparlanti abbiamo a che fare con due realtà fisiche che sono intrinsecamente molto diverse tra loro, tanto quanto lo sono una scena reale -tridimensionale- ed una sua immagine fotografica bidimensionale.

    Per giunta, ora che mi ci fai pensare, a ben vedere anche l'aspetto del "contenuto artistico/creativo introdotto dal fotografo", è ben lungi dal rendere meno efficace l'analogia. Anzi, al contrario, la rafforza!

    Il lavoro del fotografo (ed il suo contributo artistico) è infatti perfettamente analogo a quello dei fonici, tecnici di ripresa, "ingegneri del suono", ecc. Il loro contributo al risultato finale di una ripresa audio è determinante e caratterizzante tanto quanto lo è quello del fotografo (e di chi effettua le eventuali elaborazioni successive) nella costruzione di una immagine.

    Se vogliamo, l'unico limite della metafora fotografica è che una fotografia costituisce una immagine fissa, statica, mentre una ripresa audio è qualcosa che si sviluppa nel tempo.

    Quindi, una metafora/analogia molto più appropriata può essere casomai quella di una ripresa e riproduzione video, con una camera fissa che riprende una scena in movimento.


    Per il resto... perfettamente d'accordo su tutto. :-)
    Ciao, Paolo.

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  7. #17
    pebibyte L'avatar di marcoc1712
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    Originariamente inviato da UnixMan
    In generale direi che abbiamo una identità di vedute sorprendente.
    Confermo al 100%, secondo me stiamo dicendo la stessa cosa con sfumature diverse:

    Come dici tu, il lavoro del fotografo (o regista/operatore) è assimilabile in qualche misura a quello dei tecnici di ripresa, fonici ecc, quindi in qualche modo è parte dell'evento creativo 'presente' nel file che arriva a noi, non è aggiunto in fase di riproduzione.

    Volendo usare questa metafora, la foto (o il video) sarebbe il risultato dei lavori di 'ripresa' dell'evento ed è quello che arriva ai nostri impianti (trascurando l'errore di copia): la possibilità di riprodurre l'originale (l'evento) è persa proprio nella fase di ripresa, per motivi 'tecnici' ma anche perché l'evento stesso è filtrato dal punto di vista del tecnico/regista:

    Un impianto di riproduzione ideale (se potesse esistere) non potrebbe in nessun modo ricostruire l'evento, ma solo - eventualmente - la rappresentazione di esso che l'artista (fotografo, regista o fonico) ha voluto/saputo fissare sul media. L'evento originale si è perso per sempre, non è più parte dell'equazione.

    In questo senso il fatto che la foto e la fotocopia siano difficilmente distinguibili, a mio avviso equivale a dire che il sistema di riproduzione (la fotocopiatrice) è ad alta fedeltà, è il sistema di ripresa (macchina fotografica + fotografo) e/o produzione (sviluppo e stampa) della foto che non lo è, ma è un altro discorso.

    Ho utilizzato la metafora della copia fotostatica (fotocopia) della gioconda proprio per 'eliminare' il passaggio intermedio.

    Qui l'immagine riprodotta dovrebbe essere il più possibile 'fedele' all'immagine del quadro, illusione certamente ottenibile limitatamente a situazioni di osservazione 'a distanza' o filtrati da apparati a risoluzione ridotta (es. monitor).

    Certamente non è possibile riprodurre l'oggetto quadro in se, è fuori dai limiti del sistema di riproduzione: l'obiettivo è riprodurre l'immagine del quadro, più l'illusione è realistica e resiste, maggiore è la fedeltà.

    Pensandoci bene poi, il 'lavoro' del fotografo, regista o fonico, con la Gioconda l'ha fatto Leonardo: è lui che ha fissato sulla tavola il panorama e le sembianze di Monna Lisa, noi non potremo MAI riprodurle per come erano, ma solo - e parzialmente - come lui le ha viste e rese nel quadro.

    Riassumendo:

    a. dobbiamo a mio avviso abbandonare l'idea che lo scopo dei nostri impianti sia riprodurre l'evento originale, principalmente perché questo si è perso per volontà o limite dell'artista/tecnico che lo fissato sul media. Non abbiamo modo di 'ricrearlo' e tanto meno di utilizzarlo come confronto, ma anche potendo sarebbe improprio: giudicheremmo insieme la capacità del sistema di riproduzione e l'atto creativo (Leonardo che dipinge la Gioconda).

    b. dobbiamo accettare che i nostri sistemi di riproduzione sono limitati alla sola resa acustica e che pertanto l'unico obiettivo realistico è quello di interpretare 'correttamente' il contenuto che il fonico ha fissato nel file per ricreare l'illusione stereofonica dell'evento da lui osservato.

    In più, rispetto alla fotografia, nel nostro caso non esiste un'entità di riferimento (la foto o il dipinto) contestualmente ed oggettivamente paragonabile alla sua riproduzione, certamente non nella memoria di uno spettatore dell'evento originario (aveva un diverso punto di vista rispetto al fonico) ma eventualmente solo nella riproduzione del master sull'impianto originariamente utilizzato in fase di mixaggio e post produzione, dubbio e poco pratico...

    Quindi?

    Negli anni 60 la BBC 'consigliava' determinati impianti (in particolare diffusori) da utilizzarsi in funzione dell'ambiente per ascoltare le loro trasmissioni, lo stesso in anni successivi faceva la DECCA sui propri dischi di alcune collane 'speciali'.

    Si trattava di un tentativo (nel caso della BBC riuscito) di fondare una 'cultura' dell'ascolto, rendere riconoscibile 'il giusto suono' riprodotto, di cui resta evidente traccia nel 'suono inglese' che caratterizza ancora molti impianti.

    Era discutibilmente il suono migliore, certo, ma il tentativo andava nella direzione corretta perché era condotto da tecnici ed artisti, inizialmente senza secondi fini di lucro. Le riviste di alta fedeltà prima e quindi Internet hanno diffuso certamente maggiore informazione, ma anche tanta confusione, diventando ben presto veicolo di pubblicità, facendo ben presto perdere il senso delle proporzioni. Nel frattempo l'interesse si è spostato e l'obiettivo commercialmente principe non è più il suono BBC, ma quello - se va bene - dell'Ipod.

    Ripetendo quanto ho sostenuto altrove, è un problema strettamente culturale: non abbiamo un linguaggio preciso e rigoroso, quindi non siamo in grado di 'confrontare' le diverse percezioni soggettive e derivarne una approssimazione statistica del 'giusto suono', il che ci impedisce di inquadrare relativamente i diversi fattori di variazione per natura e grado, quindi discutiamo con ugual dignità di 'miracolosi' miglioramenti sostituendo uno switch a due piani di distanza come del corretto interfacciamento elettrico tra amplificatore e diffusori (per fare un esempio).

    Mio nonno mi ha insegnato che per poter bere bene bisogna prima imparare a riconoscere il vino buono e ci sono solo due modi: bevi qualsiasi cosa ti capita a tiro, oppure cerchi di capire il vino e via via scegli e ti avvicini a quello che ti piace.

    In entrambi i casi bisogna bere vino () inizialmente la percentuale di vino buono sarà la stessa, nel primo modo statisticamente rimarrà la stessa, nella seconda man mano ci si avvicinerà alla propria idea di 'buon vino' e sicuramente si berrà sempre più vino buono e meno cattivo.
    Ciao, Marco.

    "Any intelligent fool can make things bigger, more complex, and more violent. It takes a touch of genius -- and a lot of courage -- to move in the opposite direction."
    — E. F. Schumacher (mis-attributed to A. Einstein)
    ________________________________________________________________________________
    Autore della patch R2 per Squeezelite e del plugin C-3PO. note libere
    Logitech media Server 7.9 > miniPc + squeezelite-R2 / SB+ > "Lu Scalmentu" NOS R2R DAC by TubeOne/ AudioResearch DAC 1-20 >
    Klimo Merlino Gold TPS > DIS Interconnect > Kent Gold > Reference > Monitor Audio Studio 20 SE

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